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Appuntamento con la Storia: Gran Premio d'Italia 1950

Di Giovanni Nulchis

LA FORMULA 1 NEL TEMPIO DELLA VELOCITÀ: MONZA INCORONA IL PRIMO CAMPIONE DEL MONDO DELLA STORIA

 

LE PRIME CORSE AUTOMOBILISTICHE IN ITALIA E LA NASCITA DELL’AUTODROMO DI MONZA

Domenica 03 settembre 1950. L’Autodromo Nazionale di Monza ospita la 1° Edizione del Gran Premio d’Italia, 7° e ultimo round del primo Campionato del Mondo di Formula 1.

 Per trovare le origini del motorsport in Italia dobbiamo tornare indietro nel tempo alla fine del XIX secolo. È il 18 maggio 1895, infatti, quando si disputa la prima gara automobilistica su suolo italiano: la Torino-Asti-Torino, sulla lunghezza di 58 miglia, vinta da Simmon Federman su una Damler.

Sei anni più tardi, nel 1901, va in scena la 1° Edizione del Giro d’Italia in Automobile, una corsa di 1.604 km con partenza a Torino e arrivo a Milano: a conquistare la vittoria è Felice Nazzaro su Fiat 8 HP. Nel 1906 nasce invece la storica Targa Florio, una delle competizioni automobilistiche più famose in Italia, che si terrà quasi ininterrottamente ogni anno fino al 1977.

Negli anni ’10 si cominciano a correre i primi Gran Premi, in un primo momento ancora su strade urbane da una città all’altra, poi su veri e propri circuiti costruiti appositamente per le corse d’auto. Nel 1921, il circuito stradale di Montichiari è la sede della 1° Edizione del Gran Premio d’Italia, vinto dal francese Jules Goux a bordo di una Ballot.

Nel gennaio 1922 l’Automobile Club di Milano, per commemorare il 25° anniversario della sua nascita, decide per la realizzazione di un autodromo permanente all’interno del Parco Reale di Monza. L’Opera Nazionale Combattenti, società detentrice del parco, non oppone resistenze e così, nel maggio dello stesso anno, i lavori hanno inizio. In soli 110 giorni, l’Autodromo Nazionale di Monza vede la luce; il 28 luglio Pietro Bordino e Felice Nazzaro compiono il primo giro di pista su una Fiat 570, mentre il 3 settembre dello stesso anno viene disputata la 2° Edizione del Gran Premio d’Italia, che cambia quindi sede. Con le sole eccezioni del 1937 (Livorno), 1947 (Milano), 1948 (Torino) e, più tardi, 1980 (Imola), il Gran Premio d’Italia ha avuto, e ha ancora, come sede fissa l’Autodromo Nazionale di Monza.

Il circuito è costituito da due anelli, che possono essere utilizzati insieme oppure separatamente: il primo è un tracciato stradale lungo 5.500 metri e composto da sette curve; il secondo è un anello ad alta velocità di forma ovale, con due curve sopraelevate. Negli anni ’30, durante le varie edizioni del Gran Premio, si verificano gravi incidenti, alcuni di questi purtroppo mortali, come quelli di Ugo Sivocci, Luigi Arcangeli, Emilio Materassi, Giuseppe Campari, Mario Umberto Borzacchini e del polacco Czaykowski. A seguito di queste tragedie, la pista viene modificata, fino a raggiungere una lunghezza di 6.300 metri.

Le gare automobilistiche a Monza devono arrendersi allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale: anche dopo la fine del conflitto il circuito è inagibile, perché dedicato allo stoccaggio dei residui bellici. Soltanto nella primavera del 1948 viene sgombrato dai residui e vengono riparati i danni causati dai bombardamenti. Nel 1949 si torna a correre a Monza, con vittoria di Alberto Ascari su Ferrari, ma è l’anno successivo che avviene la svolta. Nel 1950 nasce infatti il Campionato del Mondo di Formula 1 e il Gran Premio d’Italia viene scelto come ultima tappa valida per l’assegnazione del titolo mondiale.

 

L’AUTODROMO NAZIONALE DI MONZA: IL “TEMPIO DELLA VELOCITÀ”

Il circuito che ospita la 1° Edizione del Gran Premio d’Italia valida per il campionato di Formula 1 è folle. Lungo 6.300 metri, è costituito da sei curve, cinque a destra, una a sinistra, ed è da percorrere in senso orario. Caratterizzato da quattro lunghi rettilinei, è una pista estremamente veloce: il record di velocità media in gara, fatto registrare da Consalvo Sanesi nel 1948 su Alfa Romeo, è di 188 km/h, e le velocità di percorrenza in curva sono elevatissime. Tutto questo fa sì che, a buon diritto, il circuito brianzolo venga soprannominato “Tempio della Velocità”.

Il giro di pista comincia sul Rettifilo, un rettilineo lunghissimo che precede la prima curva, denominata Curva Grande. Una leggerissima, quasi inesistente, piega a sinistra, la Curva della Roggia, porta alle due Curve di Lesmo, due secche a destra che immettono in un tratto rettilineo caratterizzato da un’altra leggera piega a sinistra, la Curva del Serraglio. Arriva ora la prima vera curva a sinistra, denominata Curva del Vialone, che immette nel Rettifilo centrale; infine, la lunga Curva Sud a destra, formata in realtà da due pieghe, lancia le vetture di nuovo verso il Rettifilo di arrivo.

 

IL CAMPIONATO DEL 1950: UN DOMINIO FIRMATO ALFA ROMEO

Il primo Campionato del Mondo della storia della Formula 1 si sviluppa in sette round, dal mese di maggio al mese di settembre. Sei di essi si tengono in Europa, mentre a conferire il carattere mondiale al campionato è la 500 Miglia di Indianapolis, alla quale però partecipano quasi esclusivamente piloti e squadre statunitensi.

La milanese Alfa Romeo si presenta da subito come la squadra da battere, forte di una vettura, la mitica 158, nettamente superiore alla concorrenza, guidata da alcuni dei piloti più forti del momento, come Juan Manuel Fangio, Nino Farina e Luigi Fagioli. Tra gli altri team, troviamo anche la Ferrari, che ha esordito nella seconda gara del mondiale a Monte Carlo, la Maserati, le francesi Talbot-Lago e Simca-Gordini e le britanniche ERA e Alta.

L’Alfa Romeo sbaraglia la concorrenza, vincendo tutte le gare del mondiale, tranne la 500 Miglia di Indianapolis, dove a trionfare è l’americano Johnnie Parson con la Kurtis Kraft-Offenhauser. Ma a un dominio così schiacciante del Biscione si contrappone una battaglia accesissima per il titolo iridato tra Fangio, Fagioli e Farina. Nino vince in Gran Bretagna e in Svizzera, mentre l’argentino si impone nel Principato di Monaco, in Belgio e in Francia. Fagioli, invece, non riesce a vincere nessun Gran Premio, ma colleziona comunque quattro secondi posti. Per quanto riguarda gli altri team, soltanto Alberto Ascari con la Ferrari, Louis Chiron con la Maserati e Louis Rosier con la Talbot-Lago riescono ad ottenere qualche podio.

 Alla vigilia dell’ultimo appuntamento stagionale a Monza, la classifica piloti vede i primi tre piloti racchiusi in un fazzoletto di quattro punti. Fangio guida la graduatoria con due punti di vantaggio su Fagioli, che ha a sua volta due lunghezze di margine su Farina. Staccato di 12 punti da Farina è Rosier, mentre il primo dei piloti Ferrari è Ascari, in 6° posizione. Sarà il “Tempio della Velocità”, dunque, ad incoronare il primo Campione del Mondo nella storia della Formula 1.


LE QUALIFICHE DI MONZA: FANGIO REGNA SOVRANO, MA C’È ANCHE LA FERRARI

A Monza sia l’Alfa Romeo che la Ferrari portano al debutto un nuovo modello di monoposto. Il Biscione affida la nuova 159, derivata dal modello 158, alla guida di Fangio e Farina, mentre Fagioli, Consalvo Sanesi e Piero Taruffi guidano la 158. Maranello fa debuttare la nuova 375, spinta da un motore a 12 cilindri a V, con due esemplari guidati da Ascari e Dorino Serafini (che sostituisce l’infortunato Luigi Villoresi). Anche la Scuderia Milano porta all’esordio il suo nuovo modello, la Milano 1, basato sulla Maserati 4CLT-50 e affidato alla guida di Felice Bonetto. In tutto, sono 27 i piloti che prendono parte al Gran Premio d’Italia: il numero più alto per la stagione 1950.

Le qualifiche del sabato sono molto accese: la nuova Ferrari 375 è dannatamente veloce e lancia la sfida all’Alfa Romeo, che deve fare i conti con un elevato consumo degli pneumatici. Fangio, però, si assicura comunque la pole position; Ascari si ferma a soli due decimi dal tempo dell’argentino, con un inaspettato 2° posto. Seguono le tre Alfa di Farina, Sanesi e un deludente Fagioli, solo 5°. In 6° posizione si piazza Serafini con la seconda Ferrari, davanti all’ultima Alfa Romeo, quella di Taruffi. La prima Talbot-Lago è quella di Raymond Sommer, 8°, addirittura a 10 secondi dal tempo pole. Chiudono la top 10 Franco Roi con la Maserati e Robert Manzon con la Simca-Gordini.

 

LA GARA

Nel pomeriggio della domenica sull’Autodromo Nazionale di Monza è tutto pronto per la disputa della 1° Edizione del Gran Premio d’Italia, sulla lunghezza prevista di 80 giri.

Al via, è Farina ad avere lo scatto migliore e balza in testa al gruppo, grazie ad una partenza da sogno. Fangio è 2°, mentre Ascari, dopo una partenza non ottimale, rimonta con velocità e, prima del termine del primo giro, scavalca addirittura l’argentino. I due italiani in testa fuggono via; Fangio non riesce a tenere il ritmo.

All’11° giro c’è il ritiro di Sanesi per un problema al motore della sua Ferrari. Al 15° giro, Ascari supera Farina e passa al comando. Il sogno di Maranello, però, non dura tanto: due giri dopo, Farina è di nuovo leader. Al 21° giro, Ascari è costretto al ritiro per la rottura di un cuscinetto del ponte della sua vettura.

Grazie al ritiro dell’italiano, Fangio riprende la 2° posizione: in questo momento sarebbe Campione del Mondo. Ma i colpi di scena sono tutt’altro che finiti: Fangio è clamorosamente costretto al ritiro per la rottura del radiatore dell’acqua. Ma l’argentino è un osso duro è non si dà per vinto: sale a bordo dell’Alfa di Taruffi e continua la gara. Al termine della gara, Fangio dovrà dividere equamente con Taruffi i punti conquistati: se arrivasse 2°, Farina lo raggiungerebbe a pari punti in classifica, ma il mondiale sarebbe comunque suo, in virtù dei migliori piazzamenti ottenuti durante la stagione.

Per Fangio, però, questa è una gara stregata: l’argentino è tradito da problemi al motore dell’Alfa e deve ancora una volta fermarsi ai box. Adesso è ritiro definitivo. Intanto, Ascari rientra in gara dopo che Serafini gli cede la vettura, e approfitta della sosta di Fagioli per riprendere la 2° posizione. Farina è tranquillo in testa alla corsa e il suo vantaggio su Ascari è tale da permettergli di tenere la 1° posizione anche dopo la sua sosta ai box. Il pilota torinese si avvia così, indisturbato, verso la gloria.

All’80° giro cala la bandiera a scacchi sull’Autodromo Nazionale di Monza: Nino Farina vince la 1° Edizione del Gran Premio d’Italia con la sua Alfa Romeo, davanti alla Ferrari guidata da Dorino Serafini e Alberto Ascari e a Luigi Fagioli, autore di una gara anonima. Chiudono la zona punti Louis Rosier e Philippe Étancelin con le due Talbot-Lago, davanti alla Maserati di Toulo de Granffenried e alla Ferrari privata di Peter Whitehead. All’età di 43 anni, Nino Farina è il primo Campione del Mondo nella storia della Formula 1. È festa grande a Monza, perché si tratta di un trionfo tutto italiano. Fangio, invece, si lecca le ferite e può consolarsi soltanto con il punto addizionale del giro veloce.

 IL FUTURO DELL’ITALIA IN FORMULA 1

Dopo l’edizione inaugurale del 1950, il Gran Premio d’Italia viene confermato anche per le stagioni successive, diventando un appuntamento storico e fisso del campionato di Formula 1. Al pari del Gran Premio di Gran Bretagna, l’evento non è mai stato assente dal calendario della Formula 1, tenendo come sede fissa, per oltre 70 anni, l’Autodromo Nazionale di Monza, con una sola eccezione. Nel 1980, infatti, il Gran Premio d’Italia va in scena sull’Autodromo Dino Ferrari di Imola.

In 75 anni di Formula 1, l’evento è diventato una vera e propria leggenda del motorsport. A Monza sono state scritte pagine indelebili di storia e i piloti più forti del mondo hanno firmato imprese indimenticabili.

Nel corso degli anni, il circuito ha subìto varie modifiche, ma il layout di base è rimasto più o meno lo stesso. A metà degli anni ’50 viene inaugurato un rinnovato Anello di Velocità e fino al 1961 la Formula 1 corre sul circuito completo, di 10 km. Tuttavia, le sollecitazioni fisiche ai piloti e i guasti meccanici alle vetture costringono ad una marcia indietro: dal 1962 si torna a correre sulla sola pista stradale. Ad avvalorare la decisione sono stati anche due incidenti mortali: il primo, nel 1955, porta via Alberto Ascari, nella curva che oggi è a lui intitolata; il secondo, nel 1961, è fatale al pilota tedesco della Ferrari Wolfgang von Trips, oltre a dodici spettatori. Ad oggi, quello di von Trips è l’incidente più grave mai avvenuto durante una gara del mondiale. A Monza perdono la vita anche Jochen Rindt (primo e unico campione postumo nella storia), nel 1970, e Ronnie Peterson, nel 1978.

Nel 1976, vista la sempre più alta velocità raggiunta dalle monoposto di Formula 1, vengono costruite tre varianti permanenti: una in fondo al rettilineo dei box, una alla Curva della Roggia e una alla Curva Ascari. Il circuito viene ritoccato anche nel 1994 e nel 1995, mentre nel 2000 assume la configurazione che persiste tutt’oggi. Pur essendo stato rallentato dalle varianti, tuttavia, il tracciato mantiene ancora ben saldo il suo carattere di pista estremamente veloce: Monza è ancora il “Tempio della Velocità”.

Nell’albo d’oro del Gran Premio d’Italia, la Ferrari regna sovrana con 20 vittorie (tra cui il miracolo del 1988), seguita dalla McLaren a quota 11 e dalla Mercedes a quota 7, mentre Michael Schumacher e Lewis Hamilton si contendono il primato tra i piloti, con 5 vittoria a testa.

Tutti i piloti, di tutto il mondo e a prescindere dal team per cui corrono, sognano, almeno una volta nella loro carriera, di vincere a Monza, perché chi conquista il “Tempio della Velocità” entra di diritto nella leggenda. Il podio sospeso in aria, la marea umana che si riversa ai suoi piedi con bandiere e fumogeni, creano un’atmosfera straordinaria, che soltanto Monza può regalare. Nel caso in cui sia la Ferrari a trionfare, poi, il delirio regna sovrano e sembra di vivere in una favola. È un dato di fatto, anche gli avversari lo riconoscono, e le ultime due vittorie di Charles Leclerc, nel 2019 e nel 2024, ne hanno dato ancora una volta la conferma.